Fare pace con la pancia!

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Fare pace con la pancia!

Comprenderla è meglio che combatterla.

Melissa, 17 anni e un pochino più rotondetta del normale, entra nello studio e dopo le prime presentazioni subito tira fuori il telefonino per mostrarmi su Instagram una serie di pance piatte e tirate che rappresentano il suo sogno-ossessione. Va dritta al punto: “Ecco io la vorrei avere così la pancia!”

Roberta, 52 anni e una figura un po’ appesantita, sta raccontando da qualche minuto di come abbia perso la concentrazione su di sé perché si è dovuta occupare in prima persona, suo malgrado, della suocera malata. Ad un certo punto si guarda il ventre, acchiappa con pollice e indice il girello che sporge dai pantaloni e butta fuori il suo tormento: “ecco io non sono mai stata così. Ho sempre avuto il sederone e non è mai stato un grosso problema ma questa pancia qui proprio non è la mia!”.

Alessandra invece, che di anni ne ha 41 e da quando segue DietaGift si sente più sgonfia, va in bagno molto meglio e finalmente riesce a dormire tutta la notte, si arriccia sulla sedia come un gatto impaurito quando le propongo di farsi qualche massaggio in senso orario con l’olio di mandorle sulla pancia “Ma scherza?! Io la pancia non me la tocco! E neanche me la guardo! Perfino mio marito sa che non mi deve toccare lì!”.

 

Pancia, ti odio!

Come emerge da alcuni studi sull’argomento e come evidenzia l’esperienza quotidiana di molti terapeuti, tra i principali assilli legati alle imperfezioni del nostro corpo femminile, la pancia occupa un posto di primissimo piano. Possiamo infatti tollerare, e in alcuni casi anche imparare a valorizzare, dei fianchi larghi e un sedere abbondante (che peraltro adesso un bel paio di glutei oltremodo generosi sono pure di moda), possiamo sentirci appesantite ma anche glorificate da un seno taglia extralarge, possiamo mascherare, pur a denti stretti ma con discreta abilità, due gambe non proprio da gazzella ma la pancia, pancetta o bella panciotta che sia, rappresenta per un’altissima percentuale di donne un cruccio estetico così insopportabile e destabilizzante da creare un disagio e un disamore di sé che si traduce spesso in comportamenti estremi e di natura opposta. Così troviamo da una parte chi cerca di ignorarla nascondendola alla vista propria e altrui sotto maglie e abiti “a campana”, mutande contenitive a vita alta o corsetti strizzanti dal dubbio risultato estetico e dall’altra c’è chi si ammazza di addominali, tisane antigonfiore, lassativi e improbabili quanto dannose diete mima-digiuno o detox che svuotando quanto più possibile l’intestino dal cibo e dal materiale fecale inducono una temporanea sensazione di minor rotondità del ventre.

 

La pancia racconta

Ah la pancia! Quanto parla di noi la pancia. Simbolo universale del centro istintuale, delle nostre emozioni più “viscerali”, della forza del femminile, non solo della fertilità, della quale è naturalmente una rappresentazione ancestrale, ma anche della morbidezza, della sensualità e dell’accoglienza in senso lato.

Orgogliosamente esposta oppure ossessivamente nascosta, appena arrotondata o un tantino imbottita, tesa e contratta oppure morbida e vulnerabile, la pancia è una grande testimone del nostro percorso di vita e degli eventi affrontati lungo il tragitto: dalle emozioni ai traumi, dalle accettazioni ai rifiuti, dal vissuto del ciclo alla maternità a eventuali aborti a gravidanze mai avute, da una sessualità più o meno goduta ad una menopausa più o meno sofferta. La pancia registra, ricorda, racconta e dice tutto.

Perché lì è collocato il nostro sensibilissimo radar di relazione con il mondo. Proprio nell’hara, termine giapponese che indica la zona del basso ventre identificata e riconosciuta come il baricentro fisico-emozionale, il centro della forza interiore e, in condizione armonica, del retto agire. Ed è lì, nell’hara, che si esprime l’onda ritmica della vita ovvero quell’incessante movimento di tensione e rilassamento, di inspirazione ed espirazione (provate a usare solo i polmoni per respirare, non ci riuscirete perché la pancia, per quanto possa essere contratta, partecipa a pari livello al movimento del portare dentro e fuori), di assorbimento ed eliminazione.

 

Da betoniera a cigno della ricerca.

Anche le scienze biomediche, solo da un paio di decadi, hanno restituito piena dignità a questa zona del corpo prima relegata, almeno nella nostra cultura occidentale, al ruolo di semplice betoniera di trasformazione e scarico del cibo.

Mentre, nel corso degli ultimi decenni, è venuto fuori che, proprio negli organi contenuti in questa preziosa e morbida cavità, si decide il destino della nostra vita. Si è capito che l’intestino, che della pancia prende lo spazio maggiore, pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello, lavora sì in modo integrato con esso ma anche in maniera indipendente e che non è per niente vero che riceve solo ordini dall’alto bensì è spesso proprio lui, l’intestino, ad impartire le prime segnalazioni chimico-fisico-emozionali che innescano la corale risposta sistemica di tutti gli altri organi del corpo, cervello incluso.

Si è capito per esempio che l’apparato digerente è rivestito da una complessa struttura neuronale che avvolge i vari organi fino a creare una fittissima ragnatela di plessi e gangli che rappresentano il Sistema Nervoso Enterico il quale, appunto, può essere considerato un’entità separata e autonoma rispetto al Sistema Nervoso Centrale. E si è capito che le cellule nervose che rivestono l’intestino producono circa il 95% della serotonina reagendo ad una miriade di stimoli esterni come il cibo ma anche i suoni, i colori, gli odori, il tocco, le immagini e le parole, ed perfino interni come le emozioni, i pensieri, i ricordi e le sensazioni.

Ecco che nel giro di pochi lustri si è arrivati a tracciare un nuovo importante asse di comunicazione psico-neuro-immuno-endocrina, l’ormai celebre asse intestino-cervello, che oggi affascina migliaia di ricercatori di tutto il mondo perché attorno a questo asse si stanno facendo le scoperte più straordinarie.

A corredo del cervello enterico infatti, sempre nell’ultimo ventennio, è emerso che proprio nella pancia risiede quello che oggi è diventato l’organo metabolico più incredibile del nostro corpo e solo fino a poco tempo fa sostanzialmente sconosciuto: il microbiota intestinale, praticamente un organo nell’organo.

E ciò che oggi si comincia a capire con sempre maggiore dovizia di particolari, è che sono proprio i batteri intestinali, queste numerosissime popolazioni di microrganismi che trovano habitat congeniali nella nostra pancia, a mantenere il contatto bidirezionale lungo tutto l’asse intestino-cervello.

Insomma da ultimo in classifica oggi l’intestino con tutta la sua vita interiore è diventato il nuovo cigno bianco che attira l’attenzione e le ambizioni di tutto il mondo scientifico.

 

La pancia, la sua forma, il suo linguaggio

Laddove la scienza esplora in maniera sempre più specifica l’interno di questa buia cavità, noi dovremmo invece prenderci più frequentemente la pena di guardarla e osservarla dall’esterno, toccarla, sentirla e gentilmente interrogarla. Perché questa pancia, con le sua varie forme e dimensioni, i suoi dolori, i suoi rumori, i suoi gonfiori e i suoi più o meno contratti movimenti interni, rappresenta una spia importante del nostro complessivo stato di salute psicofisica.

E’ dunque importante prendersene cura senza odiarla, tormentarla o ignorarla, che questo crea soltanto danno, ma provando a restituirle quell’attenzione amorevole e quello stato di equilibrio che alla fine coincidono con uno stato personale di bellezza e armonia.

 

Pancia grossa

Indubbiamente una pancia abbondante è difficile da accettare e in verità non crediamo certo sia utile farlo quantomeno nei termini di “farsene una ragione”. Il punto però è non nasconderla, quanto meno a se stesse, e non limitarsi ad odiarla, soffrirla e tagliarla fuori dalla propria percezione corporea. Al contrario, ad un certo punto, diventa utile e importante ristabilire proprio con essa un dialogo che conduca a ripercorrere i perché profondi di quell’eccesso. Troppo cibo innaturale per troppo tempo? Troppi dolci? Troppo dolore? Troppo stress? Probabilmente, e alquanto frequentemente, un mix di tutto questo che si traduce nella stragrande maggioranza dei casi in un bel cuscinetto protettivo che si aggiusta in una o più ciambelle attorno al girovita. Ci troviamo evidentemente di fronte a quella che è stata nella storia della persona, una necessaria difesa del corpo di fronte ad un disagio o un pericolo percepito. Che sia stato particolarmente traumatico o alquanto insignificante non importa, ma certamente è stato capace di innescare nella percezione di quella persona dei comportamenti alimentari, delle più o meno consapevoli necessità di auto-sedazione e una iperproduzione di cortisolo che hanno stratificato nella dimensione del ventre quella dinamica di lotta interiore.

Perché come non esistono in natura animali grassi con la pancia, così non esisterebbero bambini e adulti grassi e con la pancia se, oltre alla eccessiva disponibilità di un cibo dannatamente incompatibile con la nostra biologia, non vivessimo troppo spesso con la necessità di inibire dei comportamenti istintuali quali un grido, un pianto, un lamento, un “no” e molto altro, per proteggerci da qualcosa o da qualcuno che ci crea disagio.

Da un punto di vista più strettamente fisico, una pancia grossa fa pensare sempre una stasi, un vero e proprio ristagno degli scambi cellulari che sono la risultante di una condizione infiammatoria cronicizzata nel tempo. E questo, in linea di massima, si accompagna ad emozioni di rassegnazione e passività quasi come se quegli accumuli fossero l’evidenza di una mancanza di slancio e di vitalità che si sono andati perdendo nel tempo.

 

Alimentazione, movimento ed eubiosi

Evidentemente una dieta equilibrata, il movimento regolare e il ripristino dell’eubiosi intestinale rappresentano gli imprescindibili elementi di base per smuovere questa stasi a livello biologico. Ma potrebbe non essere sufficiente proprio perché quel centro, come abbiamo visto, è molto complesso e intricato. E mantiene memoria di tutto. Un tutto che ci portiamo dietro come un bagaglio che in questo caso di manifesta sottoforma di zainetto anteriore.

Consapevolezza e nuove abitudini

Potrebbe pertanto essere di grande aiuto andare a recuperare nella memoria quell’elemento di pesantezza che si è tradotto in quella forma corporea ma non per girarci intorno chissà quanto; semplicemente per riportare alla consapevolezza i perché di certe abitudini apprese in un tempo della vita più o meno lontano e decidere di modificare quelle abitudini in quanto meccanismi ripetitivi appresi ma oggi non più funzionali. Esempio: la mamma andava via e mi lasciava i biscotti fatti da lei. Oggi quando avverto una mancanza profonda mangio i biscotti.

Come ulteriore passaggio è poi utile allontanare dal proprio presente qualche elemento di “pesantezza” andando a ricercare un suo opposto ovvero un’attività, un pensiero, un progetto, un dettaglio, anche piccolo e circostanziato, che possano portare un po’ di leggerezza e un po’ di nuovo entusiasmo nel vivere quotidiano. Perché sono la leggerezza e l’entusiasmo psicologico che spesso mancano a certe pance.

 

Respirazione

Inoltre, non vanno dimenticate le tecniche di respirazione e di automassaggio sulla pancia che, in questo quadro, rappresentano un elemento di fondamentale importanza per attivare il processo sblocco della stasi, la presa di contatto con il proprio centro e il recupero del fluire energetico.

 

Pancia gonfia

La pancia può essere gonfia sia in presenza che in assenza di sovrappeso localizzato. Quante donne, anche con la pancia asciutta o quasi, lamentano dei cambiamenti di trattabilità del proprio ventre anche solo nel giro della stessa giornata! Pantaloni che al mattino si chiudono bene alla sera stringono da far scoppiare. La pancia è tesa e dolente “come un tamburo”.

Sotto una pancia gonfia c’è spesso un colon che si irrita e che reagisce ad ansie, preoccupazioni, arrabbiature e tutta la gamma delle emozioni più o meno espresse e più o meno recenti. Perché magari è una pancia che ha reagito in questo modo in tempi lontani e che, come un radar ipersensibile, re-innesca quelle stesse reazioni di fronte a situazioni anche solo vagamente analoghe.

E siccome, lo abbiamo già detto, il sistema nervoso enterico è anche autonomo e indipendente, spesso, anzi quasi sempre, reagisce prima la pancia e poi la testa. Quindi se prestiamo ascolto alla pancia possiamo stare sicuri che dirà immediatamente la sua senza farselo chiedere due volte.

Poi arriverà la mente a razionalizzare. Perché la prima è solitamente diretta, impulsiva, eccitabile e, se la lasciamo esprimere, pure un po’ passionale, mentre la seconda è rigorosa, selettiva, logica, a volte ostinata nelle sue razionalizzazioni e sicuramente più prudente.

Ma il fatto è che la pancia ha quasi sempre ragione! E le “impressioni di pancia” sono quelle alle quali spesso ci pentiamo di non avere dato retta.

Alimentazione, masticazione e movimento

Ancora una volta l’alimentazione e in questo caso più che mai anche un’accurata masticazione, rappresentano la conditio sine qua non per mantenere un corretto ambiente e una microflora intestinale che consenta di evitare eccessive fermentazioni oppure processi putrefattivi entrambi generatori di indesiderati gas gonfiori intestinali. Una buona alimentazione, unitamente al movimento regolare, aiuta inoltre la peristalsi e il conseguente svuotamento intestinale che rappresenta un elemento fondamentale per mantenere una pancia morbida, trattabile e quindi rilassata.

Gestione dello stress

Ma di fronte al problema della pancia gonfia, uno degli interventi di regolazione più importanti, riguarda la gestione dello stress e la capacità di allentare le tensioni che spesso su quella zona tendono a localizzarsi prima che altrove. Perché se ci fate caso, accade non di rado che anche una contrattura di spalle, ad esempio, sia anticipata da una forma di stipsi o di strizzoni intestinali o al contrario da scariche diarroiche. Questo perché hara parla e parte sempre per prima. E da lì è capace di influenzare tutta la catena miofasciale del nostro corpo. Yoga, thai chi, danza e molte altre pratiche di centratura e rilassamento possono apportare in questo senso dei benefici davvero notevoli.

Respirazione

Se varie sono le tecniche per ripristinare la calma viscerale e gestire lo stress che si scarica sull’intestino, tra tutte una buona e profonda respirazione diaframmatica resta comunque un elemento imprescindibile. Stendersi a pancia in su e respirare profondamente emettendo con la voce un suono che simuli il rilascio di quanto trattenuto nei visceri, a volte può essere letteralmente risolutivo di un momento di insopportabile tensione addominale.

Massaggio

Oltre a ciò è molto utile imparare ad entrare in contatto con la propria pancia, ponendovi sopra entrambe le mani e rimanendo in ascolto di sé e del proprio ventre per alcuni minuti. Poi si può proseguire con un massaggio, magari aiutandosi con un olio, seguendo l’orientamento orario più volte ed esercitando una lieve e morbida pressione. In questo modo il colon si libera e si calma lasciando andare più facilmente le tensioni e l’aria in eccesso.

Questa pratica è molto utile anche per quegli addomi piatti e rigidi che spesso denunciano un “tenere” che riduce il movimento respiratorio proprio per tacitare sensazioni viscerali a volte troppo destabilizzanti.

 

Insomma, molto ci sarebbe ancora da dire, ma qui abbiamo voluto sottolineare come nella pancia ci sia un centro vitale primario che assimila e digerisce non solo cibo ma anche informazioni, sensazioni ed emozioni. E che per riuscire a rimodellare il proprio ventre, è importante prima di tutto smettere di mortificarlo in tutti i modi possibili di cui noi donne siamo capaci. Al contrario servono comprensione, gentilezza e buone tecniche di lavoro corporeo che consentano di “sentire” questa pancia in pienezza e di incontrare, a partire da lì, le nostre emozioni più profonde.

Intuendo così il messaggio del corpo e lavorando in maniera integrata con l’alimentazione, la masticazione, il movimento e la respirazione è possibile avviare un vero processo di cambiamento anche nella forma del nostro addome. Ed è solo imparando ad accogliere la nostra personale bellezza, morbidezza e sensualità, al di là di quei canoni estetici terribilmente costrittivi che ci portano ad agognare una pancia piatta e tesa da ragazzine prepuberi, che riusciremo a liberare e vivere quella forza vitale e regolatrice che ci rappresenta al mondo e che nel tempio di hara affonda le sue preziose radici.

 

Pubblicato su  L’Altra Medicina n.98/2020 – RIPRODUZIONE RISERVATA